Copertina ufficiale concerto Anna Tifu
Copertina ufficiale dell'evento.
Festival Musica Perduta • Pisa

Anna Tifu

La Musica Etica Di Un Popolo

Mer 5 Novembre 21:00 • Durata ~ 60’ Teatro Verdi • Sala Grande

Martedì, 05 Novembre 2025

Ore 21:00

Durata

~ 60 minuti (senza intervallo)

Programma

Ludwig van Beethoven (1770–1827)

Ouverture Leonora n. 1 in do maggiore, op. 138

Andante con moto

Allegro con brio

Ludwig van Beethoven

Ouverture Fidelio in mi maggiore, op. 72

Allegro

Adagio

Johannes Brahms (1833–1897)

Concerto in re maggiore per violino e orchestra, op. 77

Allegro non troppo

Adagio

Allegro giocoso, ma non troppo vivace – Poco più presto

Interpreti

Violino solista: Anna Tifu

Direttore: Pietro Consoloni

Orchestra Giovanile della Toscana

Presentazione

Dell’Ouverture Leonore n. 1 di Ludwig van Beethoven il manoscritto originale è andato perduto. Una copia, riveduta, è conservata nella raccolta Kock di Wildegg (Svizzera). Degli abbozzi, esistenti in un gruppo di fogli che ne contengono anche vari per la Quinta Sinfonia, dà notizia, Martin Gustav Nottebohm, musicologo, compositore e pianista tedesco. Si credeva in principio, in base alle prime notizie date alla stampa, che questa ouverture, rimasta ignorata per tutta la vita di Beethoven, fosse stata composta nel 1807 per una progettata rappresentazione a Praga (e quindi posteriormente alle altre due eseguite nelle rappresentazioni viennesi dell’opera del 1805 e 1806). Siamo di fronte sicuramente a un caso di “musica perduta”, in quanto l’Ouverture in oggetto fu la prima delle quattro composte da Beethoven per la sua opera. Anton Felix Schindler riporta come «essa era pronta, ma il compositore stesso non vi aveva nessuna fiducia e acconsentì che venisse in precedenza provata da una piccola orchestra presso il principe Lichnowsky. In seguito a questa audizione, avvenuta innanzi ad una cerchia di conoscitori, l’Ouverture fu giudicata troppo leggera e poco adatta al carattere dell’opera». Beethoven la mise da parte e l’opera andò in scena con l’ouverture oggi contrassegnata con il nome di Leonore n. 2. Ma ancora subì nuovi rimaneggiamenti con la successiva Leonore n. 3, e infine con l’ouverture Fidelio. Nicola Costarelli descrive così questa musica: «Beethoven compose un'unica opera teatrale, più volte rimaneggiata, il cui titolo originario di “Leonora” fu mutato, in una successiva versione, con quello di “Fidelio”. Delle quattro Ouvertures scritte per quest'opera, soltanto l'ultima, in mi maggiore, si suole far precedere alla sua rappresentazione; mentre le altre si eseguono in concerto». “Sic incipitur - sic finitur”, ed è così che questo Concerto desidera presentare gli albori e i tramonti compositivi di quest’opera. La lezione beethoveniana venne poi accolta da Johannes Brahms, che la tradizione musicale consacra come uno dei “figli prediletti” del maestro di Bonn. Ascolteremo il suo Concerto in re maggiore per violino e orchestra, op. 77, scritto da Brahms nell'estate del 1878 nella ridente cittadina di Pörtschach. Una conversazione epistolare dell’agosto del ’78 tra il compositore e il famoso violinista Joseph Joachim, ci riportano alle fasi compositive di questo brano: «Caro amico, vorrei mandarti un certo numero di passaggi per violino, mi domando se non sei tanto sprofondato in Mozart e forse in Joachim stesso, da poter disporre di un'oretta per guardarli»; e il giorno dopo, inviando la parte copiata in bella: «mi basta che tu dica una parola o ne scriva qualcuna sopra la parte: difficile, scomodo, impossibile e così via». Il musicologo Giorgio Pestelli ci dice della tanta cautela, avanzata poi in altre lettere ancora alla vigilia della prima esecuzione pubblica (il 1° gennaio 1879 a Lipsia, solista naturalmente Joachim stesso), forse non cercava solo il parere del grande tecnico, ma una solidarietà profonda da autore a interprete. In una lettera del lontano 1855, dopo un concerto di Joachim ad Amburgo, Brahms gli aveva scritto di considerare il Concerto per violino di Beethoven come «di Joachim», tanto straordinaria e immedesimata ne era stata l'interpretazione: Joachim, il compagno fraterno della giovinezza schumanniana non doveva essere solo un consigliere di passi difficili, ma un tramite con quella che agli occhi di Brahms era la più sacra delle tradizioni. Il primo tempo di questo Concerto, Allegro non troppo, si apre con uno slancio sinfonico alquanto solenne, suggello di una struttura lunga e complessa. Traboccante anche sotto il lato della vena melodica, si rintracciano in esso almeno quattro temi principali che delineano un monumento magniloquente, non scevro tuttavia da trepidanti pennellate intimistiche. L’Adagio centrale entra a piene mani in quel flusso poetico tipico mozartiano, donando all’ascoltatore un sentore quasi neo-classico. Una semplicità d’impianto che guarda al passato, con richiami anche a Vivaldi e Bach. L’Allegro giocoso finale ha invece un sapore vigoroso e rusticano nel solco di quei “modi ungheresi” cari anche allo stesso Haydn e a tutta la società viennese. Ecco come, Beethoven prima e Brahms dopo, seppero farsi portavoce di una continuità tra passato e futuro. Per scoprire come certi compositori siano come “vasi comunicanti” tra nuovo e antico, perché con la loro musica hanno saputo interpretare l’etica di un popolo. Così si spiega il titolo di questo percorso musicale, nel quale tutta la civiltà occidentale vede in Beethoven e Brahms le sue radici e più commoventi reviviscenze.

Materiali

Curriculum e immagini ufficiali.

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Pietro Consoloni
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